lunedì 16 agosto 2010

Il bambino e la palla

Dedicato agli adulti che non giocano più

La vide arrivare mentre esplorava il mondo a gattoni. Era tonda e rimbalzando si fermò di fronte a lui sorridendo. Era bella, colorata ma il bambino non sapeva bene cosa fosse. Gli sembrava di averne viste altre ma quelle erano piccole, riuscivano a stare nella sua piccola mano. Questa era diversa, era grande. Ma, soprattutto, questa era ferma di fronte a lui e sorrideva. Quasi come se aspettasse un suo cenno per animarsi del tutto. Era in attesa e il bambino lo sapeva, quindi non si fece pregare.

“E tu chi sei?” chiese affascinato il bimbo.
“Sono una palla! Anzi, sono la palla più bella del mondo!” disse lei con aria fiera ed impettita, accorgendosi del suo stupore nel vederla. “Sono qui per farti giocare. Ti va l’idea?”.
Il bambino ci pensò su e, altrettanto impettito, chiosò: “Io ho già tanti giocattoli. Tu cosa mi dai se gioco con te?”.
La palla, che oltre ad essere bella era anche molto saggia, pensò tra sé e sé: “Questo è quello giusto. Si… Si… Questo bimbo mi piace proprio. Non cammina ancora ed è già sicuro di sé”.
“Se vorrai, ti darò la cosa più preziosa che ho. Potrei essere la “tua” palla. Ma ad una condizione: dovrai avere cura di me. Se questo non accadrà, io non sarò più in grado di farti divertire e dovrai buttarmi via”.
Il bambino era estasiato da quelle parole. La palla più bella del mondo gli parlava, gli sorrideva e, soprattutto, poteva essere sua. Com’era possibile che un giocattolo potesse parlare? Gattonando verso suo papà, gli tirò i calzoni cercando di spiegargli quello che era successo. Ma le sue parole, per il mondo degli adulti, erano solo versi e urla. E così suo papà non capì. “Si… Si… La palla... Bella! Di chi sarà? Mah…. Giocaci pure”.
Il bambino non si perse d’animo e finalmente capì. Solo la palla poteva capirlo, e solo con lui la palla si animava. “Affare fatto! Sarai la mia palla e io avrò cura di te”.
 
Da quel momento iniziò un rapporto magico. Erano sempre insieme, lui e la palla. Passavano gli anni ma era tutto come il primo giorno del loro incontro. Giocavano per ore e ore, e la palla non si rovinava mai. Ogni sera il bambino la puliva e la lucidava con cura e delicatezza. Prima di addormentarsi, parlava con lei e le raccontava tutto quello che gli capitava durante la giornata. Aveva tanti amici ma lei… Lei era speciale. Lei era la fata delle “sue” fiabe. Saggia, divertente e luccicante.
 Poi il bambino diventò ragazzo. Le voleva sempre bene ma cominciò a crescere, ad avere altri interessi, a frequentare sempre i suoi amici. Arrivò anche la prima fidanzata. Giocavano insieme sempre più raramente ed il bambino, diventato ragazzo, non parlava più con lei. La palla cominciò ad invecchiare, confinata sempre sotto il suo letto. Impolverata e inanimata, diventò presto un oggetto come tanti. E si ritrovò all’interno di una scatola in una cantina vecchia e umida insieme ad altri oggetti, impolverati e inanimati come lei.

Chissà quanto tempo passò ma un giorno la scatola si aprì. Due mani grandi e forti la afferrarono. La palla le riconobbe e aprì gli occhi. Il viso davanti a lei era quello del bambino ormai adulto.
“Hai ragione ad avercela con me” disse lui. “Ti ho dimenticato per molto tempo, troppo. Ma sono tornato e sono qui a chiederti se mi vuoi ancora”.
La palla non rispose e aspettò. Sapeva che c’era dell’altro. Lei era saggia, lei sapeva. Lui continuò: “Sono qui per chiederti di poter giocare ancora con te e per proporti un regalo”. Due piccole mani la presero con delicatezza, come se stessero reggendo la cosa più preziosa del mondo. Gli stessi occhi in una faccia da bambino.
“Ti presento mio figlio. Vuoi essere la “nostra” palla?”.

Il bimbo che non gioca non è un bambino ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che è dentro di sé (Pablo Neruda).

1 commento:

Unknown ha detto...

Coach finalmente un posto dove poter scrivere dei tuoi pensieri,avventure e disavventure..Passerò spessissimo,promesso! Baci